La professionalità non è il tecnicismo. |
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Scritto da Eugenio Cortigiano |
Sabato 26 Novembre 2011 10:02 |
Troppo spesso in Italia si identifica la “professionalità” con il “tecnicismo”. Anche nella nostra categoria questo errore si verifica purtroppo spesso, e spesso anche da parte dei colleghi. Chi utilizza, e sa utilizzare, gli ultimi ritrovati della scienza medica, infermieristica o farmaceutica è visto con occhi diversi, è l'innovatore che traghetterà la professione verso nuovi orizzonti. Lungi da me l'idea di demonizzare la scienza, non sono certo uno di quelli che si è lamentato quando nei reparti sono arrivati gli infermieri laureati, con le loro idee, le loro innovazioni, la loro capacità di ricercare e sperimentare, cosa che a me, alla scuola regionale, purtroppo non è stata insegnata ma ho dovuto apprenderla con l'esperienza. Nel percorso di crescita però ho capito che il tecnicismo è troppo spesso fine a se stesso e, cosa ancora peggiore, sottostante alle logiche di mercato. Ci dimentichiamo, nel tourbillon di analisi di marketing, ricerche ad hoc e pubblicità, di quello che è l'obbiettivo reale del nostro tecnicismo, che preferisco ancora chiamare tecnica: il paziente. E nello specifico la risoluzione di un suo problema. Paroloni, molta teoria, fumosi richiami a evidenze scientifiche, ad una analisi appena sotto la superficialità evidentemente pilotate, e, ciliegina sulla torta, utilizzo di presidi ultra tecnologici, sponsorizzatissimi dalle case produttrici, dai medici, dalla azienda e, ovviamente (sarà un caso?) costosissimi. La sua pasta preferita (udite udite: “...in veterinaria è stata sperimentata sui cavalli e funziona benissimo...”) costava 230 euro per 150 ml. Le mie necessità formative mi hanno spinto ad approfondire altrove l'argomento e, tra internet, ricerche, tesi e vere evidenze scientifiche ho scoperto una possibilità di trattamento delle piaghe da decubito, e più in generale delle lesioni cutanee profonde, anche diabetiche, con alle spalle secoli di uso, ricerca e sperimentazione. Tra le sperimentazioni ed evidenze più rilevanti ricorderò solo quella della cardiochirurgia del Bichat Hospital di Parigi dove, con l'utilizzo di questo sistema, è stata ridotta del 30% l'incidenza di infezioni post-operatorie, sono state dimezzate le giornate di degenza e ridotte di 2/3 le complicanze, stiamo parlando di toraci e pericardi aperti e medicazioni dirette sul muscolo cardiaco, non soluzioni di continuo di natura chirurgica. Con questo innovativo prodotto si è anche provveduto alla conservazione degli organi destinati ai trapianti con un incremento notevole dello stato di trapiantabilità in quanto questi organi erano meglio conservati e meno degradati rispetto all'uso di mezzi tradizionali di conservazione. Costo di questo inestimabile presidio medico-chirurgico? Circa 5 euro al chilo. Composizione della magica mistura? Iodio povidone crema, iodio povidone liquido e zucchero. Banalissimo zucchero semolato in vendita in ogni supermercato in confezioni da un chilo. Utilizzato anche il miele, in particolare per gli organi espiantati. Orrore? Ribrezzo? Rifiuto? Derisione dei colleghi che lo utilizzano? Sono tutte reazioni normalissime per chi non conosce i dati; eppure le famigerate evidenze scientifiche, dove si è potuto liberamente sperimentare, sono estremamente favorevoli. Compreso l'esempio della cardiochirurgia di Monaco di Baviera. Riassumendo: risultati superiori a prodotti ben più blasonati, risparmio di migliaia di euro sulla spesa sanitaria, sia in modo diretto (minor costo del presidio) sia in maniera indiretta (diminuzione delle complicanze e delle giornate di ricovero), maggiore compliance da parte dell'utente, facilità d'uso, semplice reperibilità del prodotto, minima formazione del personale. Ora, tornando al tema principale di questo articolo, chi è il professionista? Chi usa presidi e tecniche all'avanguardia e particolarmente costosi o colui che antepone il risultato, sia dal punto di vista di puro raggiungimento dell'obbiettivo sia come risparmio e di tempo e di denaro? In buona sostanza, evitiamo, come ci dicono in molti, di fare i “piccoli medici”. Tanto a noi, anche se utilizziamo una crema che costa come l'oro, non offriranno mai un corso di aggiornamento ai Caraibi. Nei grafici la diminuzione della conta batterica di stafilococchi e escherichia coli su ferite aperte, utilizzando una mistura di burro e miele, secondo un'antica ricetta egizia. |
Ultimo aggiornamento Sabato 26 Novembre 2011 10:03 |
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